in cè ro primmo arbò tra scuro e chiero,
che sato zù dro letto, onde me poero
in purgatœrio un’annima dannà.
Com’unna cosa matta e desperà
corro per questi boschi; e, se repoæro
no truœvo à re mæ penne, hò per reghæro
andà pe re caverne echo a descià.
Con le me sfœgo, e pà che per meixinna
se servimmo l'un l’atro tra de nuoi,
se mi chiammo Lichinna, e le Lichinna.
Mà tosto à desconsà ri nostri amuoi
sata ra giroxia chi n’assassinna,
così restemmo mutti tutti duoi.
Gian Giacomo Cavalli - Dialetto di Genova
NON ANCORA COMINCIA AD APPARIRE IN CIELO
Non ancora comincia ad
apparire
in cielo il primo albore,
tra chiaro e scuro,
che io scendo dal letto dove
mi sembra
di essere in purgatorio
un'anima dannata.
Come una cosa matta e
disperata
corro per questi boschi, e
se non vi trovo
rifugio alle mie pene, ho
almeno il sollievo
di andare a risvegliare
l'eco nelle caverne.
Con questa mi sfogo, e
sembra che possiamo
diventare un rimedio l'uno
per l'altra,
visto che ambedue invochiamo
Lichina.
Ma subito, a far scempio dei
nostri amori
viene ad assassinarci
gelosia,
così restiamo muti tutti e
due.
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