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giovedì 4 giugno 2020

PASTA CONDITA O PASTA LIEVITATA


Anche quest’anno (era il 2016) un gruppo di amici provenienti dalla Valle Argentina, dalla Val Nervia e dai dintorni, ha deciso d’incontrarsi in un giorno d’agosto nel summit di Colla Melosa. Dopo i convenevoli e la rituale passeggiata nel bosco, ha avuto luogo il consueto working lunch. Tra le portate di antipasto c’era anche una porzione di quella che il dizionario italiano definisce: «Sottile focaccia fatta di farina impastata con acqua e lievito, spianata a mano, variamente condita e cotta in forno». Nel nostro caso il condimento era quello classico della pizza ligure ovvero: salsa di pomodoro con o senza cipolla, olive taggiasche, acciughe, aglio crudo in camicia, olio extravergine d’oliva, con l’aggiunta o meno di capperi e di erbe aromatiche.

Immediatamente il simposio si è ravvivato intorno al nome che tale celebre pietanza assume nei vari dialetti di provenienza dei commensali. Ad esempio una gentil donna di Pigna, assisa a capotavola, ha detto subito: vuiùn, e prontamente si è udito un eco da Castelvittorio: fugazza!

A Triora si chiama crescenza, ha continuato il dotto dell’antica podesteria, argomentando come la denominazione sia appropriata, trattandosi pur sempre di pasta che dev’essere lievitata, quindi “in crescita”. A tal erudita spiegazione i convenuti da Isolabona hanno contrapposto, non senza un certo imbarazzo, la loro versione: pisciarà. L’eco di tal suono, invero un po’ sgradevole, ha provocato un sussulto d’orgoglio nel partecipante di Vallecrosia e nella rappresentante di Vallebona, la quale è sortita dichiarando di sentirsi confortata nel non esser sola con tale attestazione, condivisa anche con gli abitanti di Soldano, nella variante pesciarà, e di Perinaldo, sebbene questi ultimi pronuncino il termine con una erre palatale in un modo che solo loro sanno fare. A Ventimiglia, invece, prende il nome di pisciadela, mentre a Bordighera quello di pisciarada.

Quest’anno, non avendo potuto essere presente la rappresentante di Dolceacqua, sono state prontamente interpellate, a tale proposito, fonti certe che hanno dato una circostanziata spiegazione. In questo caso la terminologia si diversifica da tutte le altre, anticipando quella del dizionario italiano, infatti i dolceacquini chiamano la pizza ligure: påsta cun a bågna, quella condita col sugo di pomodoro e cipolla;  con le varianti di påsta cun a sevula per la focaccia con la cipolla e påsta cun e erbe, quella con erbette, formaggio e cipolla.

Un’altra particolarità è il termine di Apricale: machetusa. Ciò devesi al condimento, poiché al posto dei filetti d’acciuga si usa o si usava il machetu, una sorta di pasta preparata con giovani acciughe dette putine. Il machetto è considerato un condimento utilizzato prima della coltivazione del pomodoro e si ritiene che sia una variante del pissalat nizzardo: olio scaldato con aglio nel quale vengono fatte sciogliere le acciughe per la preparazione della pissaladière niçoise che, essendo più antica, non ha pomodoro ma cipolla.

Un buon trait d’union tra la pissaladière nizzarda e la nostra pisciadela-pisciarada-pisciarà, è rappresentato, sia dal punto di vista etimologico sia da quello culinario, dalla pichade mentonasca, la quale ha gli stessi ingredienti della pissaladière con in più il pomodoro. A tale proposito è stato sorprendente apprendere dalla commensale di Creppo, come tale vocabolo abbia risalito quasi tutta la Valle Argentina, insinuandosi nell’idioma locale pressoché incontaminato: pisciada. Ricordo forse delle antiche “stagioni” dei nonni a servizio nelle case e negli alberghi di Mentone.

A Taggia chiamasi figazza. A questo punto inevitabilmente, è entrato in discussione il termine sanremasco di sardenaira con la variante sardenaia di Badalucco. Il perché di questo termine è strano, dato che non si usano le sardine, bensì le acciughe. Una spiegazione ce la può fornire "Ricette di osterie e genti di Liguria" pubblicato dallo Slow Food, dove si riporta che il machetu è fatto con le sardine! A Baiardo, infine, si chiama semplicemente pasta.

Gian Paolo Lanteri

venerdì 23 luglio 2010

Donazione della Pro Loco di Vallebona al Pronto Soccorso di Bordighera


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La rinomata Pro Loco di Vallebona, che svolge da anni attività di intrattenimento estivo con serate gastronomiche e danzanti nell'area sportivo-ricreativa Fabio Taggiasco, ha recentemente donato un Letto articolato multifunzionale e monitor multiparametrico a favore del Pronto Soccorso dello Stabilimento Ospedaliero di Bordighera.
Effettuando una donazione alla Sala Emergenza del Saint Charles, la Pro Loco ha voluto esprimere il proprio grazie a tutto il pubblico fedele che da anni partecipa alle serate e che proviene dalle zone limitrofe Vallebona. Si spera sempre di non averne bisogno, ma nella vita tutto può succedere ed avere mezzi e strumenti di soccorso adeguati è una garanzia importante.
La festa popolare riscuote successo, soprattutto quando è supportata da piatti tipici cucinati con competenza, bravura e sacrificio come sanno fare le donne della Pro Loco di Vallebona.
Ne consegue la possibilità di abbinare al più tradizionale dei divertimenti, ovvero il ballo, il conseguimento di quel margine di utile che permette di espletare in pieno la funzione per cui una Pro Loco opera, ovvero una devoluzione a fini sociali di cui tutti indistintamente potranno beneficiare.
E' nella buona riuscita dell'operato degli uni e nella partecipazione degli altri che diventa infine possibile raggiungere gli scopi.
www.bordighera.net

lunedì 19 luglio 2010

La Vecchia Distilleria


Se nel corso degli ultimi 150 anni c'è stato qualcosa che ha reso "famosa" Vallebona, è la coltivazione del Fior d'arancio amaro, a sciùra de sitrùn, da cui veniva estratta l'essenza utilizzata in profumeria, farmacia e pasticceria e l'acqua di fior d'arancio, l'aiga de sitrùn, utilizzata soprattutto per preparare e condire le bugie, dolce tipico di Vallebona e del circondario.


Sabato 17 luglio 2010 è stato inaugurato il piccolo atelier "Aiga de Luxe" di Pietro Guglielmi (1981) a Vallebona, in Piazza della Libertà, che vende prodotti derivanti dalla distillazione.
La Vecchia Distilleria di Castelan, dopo svariati decenni, ha ripreso la sua attività, che era iniziata nel lontano 1856.
Pietro discende dalla famiglia Guglielmi Bernardo fu Pietro, che produceva, commercializzava e distillava il pregiato Fior d'arancio: ancora oggi "aiga de sitrùn e Vallebona" sono un binomio indissolubile.
Un esempio di "ritorno" agli antichi mestieri, che furono abbandonati per il sopravvento dell'essenza di sintesi, tale da rendere anti-economica quella produzione.
Oggigiorno, però, il tentativo di Pietro affronta la realtà in modo diversificato, ovvero proponendo una piccola e autentica produzione ed un'esposizione e vendita finalizzata al turismo che elegge Vallebona al suo antico ruolo.
Oltre all'essenza e all'acqua di fior d'arancio, Pietro distilla rosmarino, eucaliptus, timo, lavanda e l'acqua di rose; i suoi prodotti, ottenuti con attenti processi e selezione accurata della materia prima che deriva da coltivazione biologica, garantiscono una serie di prodotti di alta qualità artigianale.
Ogni sabato e domenica è possibile visitare il suo atelier ed inbriarsi di profumi frutto della sua tenacia e della sua intraprendenza.
Per noi ex produttori quel profumo è inevitabilemnte un viaggio a ritroso nel tempo...

sabato 10 luglio 2010

Meglio un giorno da leoni...

Ape in fiore - edizione 2009

Addobbare un intero paese di fiori e punti vari di accoglienza è un grande dispiegamento di energie. La manifestazione, nata come Percorso fiorito e come Concorso di addobbo floreale, per un paio d'anni ha avuto organizzatori diversi da quelli odierni, che sono subentrati con una mossa ancora oggi poco chiara ai più, ma sia...
Il concorso, motore della manifestazione, è stato presto abbandonato e, grazie ad un incaricato pagato dal comune per curare l'immagine del paese, sono state individuate e realizzate altre idee per questa esposizione.
In effetti l'Ape si è sempre prestata benissimo al ruolo, anche se dopo tre edizioni rischia di cadere nella monotonia e nella ripetitività, come i concorsi floreali, del resto, perchè, nonostante la bellezza che essi esprimono, a lungo andare, stufano.
La pubblicità è l'anima del commercio e grazie al cielo questa manifestazione non si priva di nulla: da settimane le affissioni locali sono monopolizzate e anche sulla costa non ci sono dubbi sull'imminente vetrina delle Ape in festa a Vallebona.
Quanto costi il tutto non s'ha da sapere, ma non è difficile immaginarlo.

...che cento anni da pecore

XIII edizione di "Vallebona ospita U Giacuré"

Anche Cenerentola, ovvero "A Cria", si appresta alla sua classica serata di poesia dialettale e musica in piazza. Toni soffusi, fedeltà dei partecipanti, il Premio all'Autore, un pò di fresco e di rinfresco, un regalino a tutti i partecipanti... stando attenti al centesimo, perchè per lei di soldi non ce ne sono. I 300 euro annui di quello stesso comune che ostenta e blaga nel suo giorno da leoni, debbono essere centellinati per i cento giorni da pecore degli altri.
Un bel limite all'attività dell'Associazione, che per i legami coltivati con alcune associazioni dei dintorni, quali Gli Amici di Francesco Biamonti, e le conoscenze acquisite soprattutto nel mondo dei letterati, ce ne sarebbe di che eleggere Vallebona nell'olimpo della cultura, solo che esistesse una stanza adeguata per accogliere presentazioni di libri, incontri culturali e mostre d'arte di largo richiamo.
Ma la cultura non fa testo. Anzi, a volte è un problema se alle amministrazioni viene chiesto di apporre delle tabelle inerenti gli studi di astronomia di Gian Domenico Cassini e casualmente non fanno pendent con l'architettura del paese...
E allora è meglio spendere un bel gruzzolo per un giorno da leoni ad uso e consumo dei convenuti, per rimediare un pò di complimenti per la "raffinatezza" organizzativa e riuscire magari a vendere un appartamento a chi si "innamora" di questa Vallebona così ben vestita a festa, invece che vivere cento giorni da pecore cercando di trasmettere valori che il tempo saprebbe conservare come preziosa costruzione di un'identità riconosciuta e riconoscibile.
Specchio dei tempi.


lunedì 28 giugno 2010

Ma cosa c'è di più bello...

Born to Drink a Vallebona, estate 2009, a cena al Carugiu prima del concerto.

Una delle risorse in termini di bellezza, piacevolezza e utilità di cui si è potuto beneficiare nei centri storici dei paesini dell'entroterra ligure (e non solo) è la possibilità di servire da mangiare negli spazi all'aperto, ricavati, a volte, in pochi metri quadrati, ma suggestivi quanto basta per incantare i turisti e soprattutto gli abitanti del posto.
Questi ultimi, infatti, hanno modo di vivere una dimensione nuova e diversa dall'abitudine e possono cogliere aspetti fino ad allora ignoti.
Seborga, Dolceacqua, Apricale, Vernazza, Finalborgo: la lista è lunghissima dei luoghi in cui, almeno d'estate, è possibile pranzare o cenare all'aperto, per cui risulta essere proprio inopportuno non ricevere dall'autorità preposta la concessione di suolo pubblico per svolgere tale attività, a meno che non vi siano valide motivazioni affinchè ciò sia precluso. Ma quando queste motivazioni non ci sono o non reggono e altri esercizi dello stesso paese hanno il benestare, allora è lecito diventare sospettosi.
I clienti possono essere solo risentiti, ma il gestore ne paga conseguenze ben più gravi, perchè la sua stagione estiva ne risulta compromessa a priori e, con i tempi che corrono, c'è poco da stare allegri.
Un caso isolato, forse, quello occorso ai titolari della Pizzeria U Carugiu di Vallebona, ma assai fastidioso. Giustifica la dilagante moda di far scappare i turisti nella vicina Francia, dove abituali turisti che frequentavano la Liguria si trasferiscono beneficiando di affitti più bassi e di locali che servono ristorazione a tutte le ore, in spazi ricavati con le più fantasiose iniziative.
A Mentone c'è pieno di gente, a Bordighera e dintorni scemano le migliori iniziative e l'alternativa alla floricoltura agonizzante, ovvero il turismo, langue e non decolla non essendo adottate tendenze che tanto rivalutano e aggradano i visitatori.
Come al solito, non siamo neanche capaci di "copiare" dai cugini oltre confine, dando impulsi ad iniziative che non necessitano di particolari investimenti, ma si possono realizzare nella loro naturale coreagrafia.
E pensare che non c'è niente di più bello di questa spontanea animazione dei luoghi...

Articolo di L. D. pubblicato su bordighera.net

lunedì 21 giugno 2010

Figli e figliastri

Bar Pizzeria "U Carugiu"

Nel periodo estivo, il Bar Pizzeria "U Carugiu" da anni attrezzava un dehors nel vecchio campo di bocce adiacente il locale, con copertura da rinnovarsi ogni stagione, perchè il Comune non consentiva un lavoro più "definitivo". Franco ed Elena si sono rimessi a quel volere, sostenedo ogni anno una considerevole spesa, sin tanto che un incendio ha devastato buona parte di quell'area, rendendola inutilizzabile.
Durante le ultime due estati, il servizio di ristorazione era effettuato sulla piazza antistante il locale ed era letteralmente un piacere cenare all'aperto, tra il via vai della gente e la vita che animava la piazza, che spesso nei paesi rischia di essere quasi sempre semideserta, soprattutto a Vallebona, dato che è scarsamente illuminata, per non dire espressamente "buia".
Ma quest'anno le cose sono andate ancora peggio. Alla richiesta di concessione del suolo pubblico da parte dei gestori è stato risposto "picche": niente ristorazione sulla pubblica piazza, tanto meno nello spazio che a Natale è riservato al fògu du bambin, in quanto "monumento". Se vogliono, possono ristrutturare il dehors, cosa che con le normative vigenti implicherebbe un investimento esosissimo e, con la stagione alle porte, sarebbe impensabile realizzarlo in tempo utile.
Eh sì, è facile fare figli e figliastri quando si gestisce il potere; più che altro è facile quando non si tengono in considerazione determinati fattori e vien più comodo bocciare, tanto "chissenefrega se questi qui se ne vanno in merda".
Quattordici anni di attività nel centro storico, collaborazioni alle attività sociali senza fiatare, sottomissione a qualsiasi ordinanza e per premio una bella bocciatura alla concessione di servire le pizze sulla piazza.
E pensare che è stata organizzata una rassegna di tre serate di "Musica in piazza" da svolgersi nelle domeniche di agosto proprio perchè ci sarebbe stata la presenza dei clienti della pizzeria in qualità di pubblico...
Ad essere troppo buoni ci si rimette e questa ne è una dimostrazione.
Da ultimo, la Festa della musica di stasera: 3 gruppi a suonare in rispettivi punti del paese, ma sulla piazza Marconi, la piazza de "U Carugiu", il vuoto e il buio: i figliastri non meritano proprio nulla.

lunedì 17 maggio 2010

La vergogna

Il campo di calcio, o meglio "l'acquitrino" di Vallebona

Secondo Il Conciso, il vocabolario della Treccani, alla voce acquitrino si trova la seguente definizione: "terreno su cui ristagna l'acqua" e la foto del campo di calcio di Vallebona rispecchia perfettamente la descrizione.
Lo spazio da sempre denominato "campo sportivo" era costituito da una ampia fascia ricoperta di erba verde e di forma irregolare in cui si sono recate a giocare intere generazioni di bambini, cullando il sogno che, prima o poi, il comune avrebbe realizzato una struttura sportiva degna di questo nome. Iniziarono i lavori negli anni Settanta, anche se Vallebona risultava essere davvero l'ultima, visto che gli altri peasi del circondario ne erano dotati e svolgevano costantemente tornei estivi di calcio con grande partecipazione ed entusiasmo di giocatori e pubblico.

La donazione famiglia Taggiasco

Verso la metà degli anni Novanta la fam. Taggiasco Narciso di Vallebona decide di fare una donazione affinchè venga costruita, ultimata e migliorata l'area sportivo-ricreativa: prima tranche di versamento L. 350.000.000. IL comune convoca 19 persone legate alle attività sportive e ricreative del paese per sondare le loro idee, al fine di progettare un qualcosa che rispondesse alle esigenze di tutti. Ognuno ha esposto la propria idea e, al momento della presentazione del progetto, NESSUNA di queste era stata rispettata. E va bé, tanto siamo tutti ignoranti, pazienza.
Iniziano quei lavori scellerati che devastano subito l'angolo più bello del posto, quello con gli ulivi da cui si poteva ricavare un piccolo anfiteatro come a Ospedaletti o a Cap d'Ail, e inizia a franare il terreno: lo sanno solo loro, gli "eletti", cosa avranno dovuto spendere per rimediare il danno.

Verde pubblico del campo sportivo (foto n. 1)

La diga di cemento costruita ad argine dell'imminente frana mortifica l'area ricreativa utilizzata dalla Pro Loco per i festini, limando la pista da ballo e riducendo notevolmente lo spazio. E va bè, pazienza, per 10 sabati all'anno può anche andare bene così, tanto poi faranno i locali nuovi per le cucine e il palco della musica... Campa cavallo che l'erba cresce! Niente cucine, niente palchetto, solo tanta, tanta erba che cresce e che il programma prevede venga sfalciata soltanto a metà giugno per iniziare i festeggiamenti, perchè durante gli altri mesi non ha nessuna importanza tenere pulita l'area: l'acquitrino è impraticabile, gli spogliatoi non ci sono, il basket è stato trasferito a Borghetto assieme alle scuole elementari per le infinite risposte negative che il comune dava ad ogni richiesta espressa.

Il muro sociale

Il muro a ridosso del piazzale fu costruito su invito del comune alla popolazione che prestò volontariato: un'opera in economia che risolse all'epoca un bel problema. Meritava un riconoscimento, non con targhe di ottone, ma con una decorosa e costante pulizia e magari con piante dignitose, soprattutto d'alto fusto: ne sarebbero bastate tre e in 15 anni sarebbero cresciute quanto basta per ombreggiare e permettere, durante l'estate, la ricreazione sul piazzale per far giocare i bambini e svolgere qualche partita a carte sui tavoli della Pro Loco in attesa della serata gastronomica e danzante. E va bè, pazienza, al sociale mica tutti hanno tempo di pensarci...
Le uniche 2 piante ad alto fusto ai bordi del campo di calcio furono piantate all'epoca in cui si rispettava la ricorrenza della Festa degli alberi.

Verde pubblico (foto n. 2)

La prima pianta sulla sinistra è una ginestra, simbolo dell'economia locale, ma ahimé, è completamente avviluppata dalle sviarbure (vitalba), tanto, di ginestre, ce ne sono migliaia nelle proprietà dei floricoltori, non importa se i turisti non possono ammirare quella pubblica...
La folta presenza di erbe infestanti in basso nasconde abbondantemente il muro sociale e il palco per le orchestre continua ad essere sempre lo stesso, con i suoi tubolari Innocenti, pagliassui, ondulux verde (a basso impatto ambientale) e moquettes di recupero, stile Terzo Mondo.

Retrobottega della Pro Loco

Vallebona vanta una delle migliori Pro Loco della zona. Funziona con un sistema di baracche posizionate in ogni possibile modo e assalite dalle infestanti quando la stagione non prevede il loro utilizzo. D'estate si crepa dal caldo e, più di una volta, la mancanza di tempestività della ripulitura dell'area, ha comportato che fossero proprio i volontari della Pro Loco stessa a procedere allo sfalcio e alle puliture di rifinutura dall'erba nell'area interessata. E va bè, tanto siamo tutti agricoli, cosa volete che sia...

Verde pubblico (foto n. 3)

Con alcune ringhiere riciclate la Pro Loco ha provveduto a delimitare l'area più pericolosa, ma anche questa subisce l'aggressione delle erbacce.
Il faro che illumina l'area delle cassiere della Pro Loco, all'inizio dell'estate 2009, aveva una lampada bruciata, proprio quella che doveva illuminare la zona delle casse: per 10 sabati mi sono portata un abat-jour da casa per non rimanere al buio.
La famiglia Taggiasco, nel 2007, ha erogato altri € 62.500 che senz'altro sono finiti per costruire il palazzetto nell'ansa della diga e che probabilmente non saranno bastati, per cui l'ultimazione dei lavori necessiterà di altri decenni.
Narciso Taggiasco ha assistito all'inaugurazione in pompa magna della prima tranche di lavori e se ne è morto amareggiato per l'incuranza amministrativa nei confronti del suo gesto. Per nove mesi, prima della sua dipartita, svariati metri cubi di macerie sono rimasti depositati all'interno dell'acquitrino impedendo in ogni modo sia il parcheggio delle autovetture durante l'estate, sia il gioco del pallone. Sono state tolte una settimana dopo il funerale.
Un paese di 1.200 abitanti ha ricevuto poco meno di mezzo miliardo di vecchie lire per ultimare un'area sportivo-ricreativa e in 15 anni siamo ridotti a questa vergogna.
E pensare che le supreme autorità di Vallebona hanno giardini privati di tutto rispetto, nei quali, anzi, non nasce mai neanche un filo d'erba; inoltre vantano la necessità di elevare il popolo a canoni di bon ton... Da che pulpito viene la predica!

mercoledì 5 maggio 2010

Quelli erano uomini

Lettera all'avv. Giuseppe Canepa di Diano Marina
del 30 marzo 1894
(clicca l'immagine, ingrandisci e leggi)

"Allo scopo di formulare una lista di candidati per le prossime elezioni Amministrative che riesca gradita alla generalità dei cittadini, il sottoscritto aderendo al desiderio di amici, la prega di intervenire alla riunione privata, che si terrà in sua casa il giorno I° aprile ed alle ore 15. Con osservanza Devotissimo ecc ecc."

Oltre cent'anni fa si procedeva con questo rispetto per invitare una persona e proporle una candidatura alle elezioni amministrative. L'anno scorso, invece, a Vallebona, la persona che necessitava dello stesso trattamento e che casualmente ha le stesse iniziali di Giuseppe Canepa, si è vista esclusa proprio dalla riunione che doveva conferirgli la pole position nella lista, arrecandogli un'offesa indelebile.
Quelli erano uomini, questi di adesso giudicate voi.

venerdì 30 aprile 2010

Senza storia


Il 25 aprile è la ricorrenza della Liberazione, che accomuna tutte le persone a meno che non siano profondamente nostalgiche del ventennio. Il popolo italiano unito ha combattuto per liberare la nazione dal nazi-fascismo.
I ruoli istituzionali richiedono presenza e partecipazione, anche se a Vallebona la massima autorità ha confuso il luogo di celebrazione: spendere una riflessione in chiesa è inopportuno, visto che c'è un monumento alla Resistenza che solo in questo giorno dell'anno raduna attorno a sè chi non dimentica. Ma non basta: la stessa autorità ha chiesto alla Banda musicale se per cortesia avesse potuto evitare di suonare gli inni abituali, soprattutto quelli di partito. La tradizione vuole che si intoni l'inno di Mameli e Bella Ciao, che a quanto mi risulta non sono nessuno dei due dei brani di partito, a meno che ci si sia dimenticati della storia studiata in quinta elementare.
Dice Wikipedia: "Bella ciao è una canzone popolare cantata dai simpatizzanti del movimento partigiano italiano (Resistenza) durante la seconda guerra mondiale, che combattevano contro le truppe fasciste e naziste. La musica, di un autore sconosciuto, viene fatta risalire alla melodia di un canto ottocentesco delle mondine padane, con influenze di altri canti come "Fior di tomba" e "Picchia picchia la porticella". Una seconda derivazione fa retrodatare le radici della canzone ad una ballata francese del Cinquecento che seppur mutata leggermente ad ogni passaggio geografico, sarebbe stata assorbita dapprima nella tradizione piemontese con il titolo di La daré d'côla môntagna, poi in quella trentina con il titolo di Il fiore di Teresina, poi in quella veneta con il titolo Stamattina mi sono alzata, successivamente nei canti delle mondariso e infine in quelli dei partigiani."
Bella ciao sta al 25 aprile come il Piave sta al 4 novembre: per fortuna non sono ancora stati sostituiti con Meno male che Silvio c'è.

mercoledì 28 aprile 2010

Cenerentola


Nel consiglio comunale di venerdì 16/04/2010 sera è stato letto e approvato il bilancio. Merita rendere noto gli stanziamenti decisi dalla maggioranza per i gruppi che operano attivamente nel paese:

Banda Musicale di Vallebona € 3.000
Pro Loco Vallebona € 1.500
Parrocchia di Vallebona € 800
Ass. Cult A Cria € 300

Non è una novità: sono già alcuni anni che la Cria è diventata, per l'amministrazione comunale, la Cenerentola di turno.
Ci sarebbe molto da scrivere, ma mi limiterò a dire, cosa peraltro risaputa, che la cultura è quella che fa più fatica ad avere introiti. Ciò nonostante, da quando l'Associazione è stata fondata, non è mai venuta meno alla pubblicazione del calendario a sfondo storico (12 edizioni), nè alla rassegna di poesia dialettale e musica in piazza "Vallebona ospita u Giacuré" (12 edizioni). Ha allestito una Biblioteca e organizzato almeno una serata di musica d'autore durante l'estate. Vi chiederete come ciò è stato possibile, visto che il Comune da alcuni anni è l'unica fonte di finanziamento: ve lo spiego.
Il calendario solitamente non riesce a coprire i costi con le vendite; il Giacurè necessita di tutti i 300 € del contributo; la serata di musica d'autore è finanziata dalla Pro Loco, presso la quale la Presidente della Cria ed io prestiamo servizio come cassiere per ben 12 serate all'anno, quasi tutti i sabati dell'estate. Io ho sempre rinunciato alla quota cui tutti i lavoranti avrebbero diritto per il viaggio che la Pro Loco organizza a fine stagione e, a volte, anche la Presidente, al fine di ottenere la sponsorizzazione della serata musicale.
Ci sono ancora dei residui minimi degli anni passati in cui anche la Provincia ci degnava di contributo, ma più che altro siamo riusciti a sopravvivvere in questi ultimi tre anni perchè la sottoscritta ha lasciato all'Associazione € 1.500 provenienti dalla sponsorizzazione del libro da lei scritto, ovvero "Un viaggio chiamato ginestra".
Tuttavia sono sicura che non appena decollerà l'altra branca della cultura locale, quella legata alla biblioteca di cui parlai qui, vista l'attuale adesione di alcuni membri dell'amministrazione, i soldi per finanziarla si troveranno subito!
Che non si conosca ancora bene il concetto di super partes?!?

sabato 10 aprile 2010

Gli alberi sono alti...

...le foglie crescon verdi...
(foto di Marco Lorenzi)


Occorrono gusto ed intelligenza in molte cose, anche nel creare il verde pubblico.
Mio malgrado, però, devo constatare che spesso mancano sia l'uno, sia l'altra. Nel corso degli ultimi decenni le pubbliche amministrazioni, anche nei piccoli paesi, hanno realizzato spazi in cui impiantare delle specie botaniche, il più delle volte ricorrendo a siepi e piccoli arbusti che sono risultati essere poco gradevoli allo sguardo e affatto funzionali. Insomma, un'altra questione di forma e sostanza che non collimano.
Esemplare invece è stato il comportamento che hanno assunto in passato i governanti e i bambini in occasione della Festa degli alberi: piante longeve, di alto fusto, a foglia caduca per permettere al sole di scaldare e illuminare d'inverno e di beneficiare dell'ombra d'estate. Hanno speso pochi soldi, la manutenzione era ridotta alla raccolta delle foglie in autunno e alla potatura in primavera: 2 interventi e tutto sempre in ordine, compresa la funzione svolta dalle piante.
Ora invece i pochi ritagli di terra destinati ad accogliere il verde sono stati "riempiti" di piante che: non ombreggiano, ci nascono infestanti in ogni periodo, sono invasi da feci animali e spazzature umane gettate incivilmente, necessitano di manutenzione e annaffiature e fanno anche poca figura.
Gli alberi destinati a diventare grandi, come i tigli, i platani, gli ippocastani, le palme, i pini marittimi e quant'altro dovrebbero essere i veri protagonisti, perchè danno molto e non chiedono nulla, ma pare che non sfiorino minimamente il pensiero di chi decide e spende.
Niente panchine sotto gli alberi che non ci sono, niente accoglienza, solo un tentativo di trompe l'oeil che anche dal punto di vista estetico spesso offende.
Gli ulivi? No, grazie. Il loro habitat sono gli uliveti, non gli asfalti.
A Vallebona le cose stanno esattamente così.


mercoledì 31 marzo 2010

Vedo, sento e NON parlo

La mitica foto delle tre scimmie recita: "Non vedo, non sento, non parlo", ma a Vallebona ciò succede solo in parte. Grazie al web, ora è possibile vedere, sentir dire, ma tuttavia NON parlare.
E' ciò che mi tocca constatare in virtù di questo blog, che è nato come finestra di dialogo, che è costantemente visitato dato che il contatore registra il numero di quanti vengono a leggerlo, ma che non riceve "commenti", se non un sommesso chiacchiericcio dietro le quinte tra coloro che si sentono punti nel vivo. Tanto meno c'è da aspettarsi un confronto diretto tra la sottoscritta e chi avesse qualcosa da dire, visto che ci si incontra ogni giorno fisicamente nella nostra piccola realtà.
Il linguaggio, spesso provocatorio, ha proprio lo scopo di sollecitare sia il dialogo, sia il confronto, naturalmente a scopo costruttivo.
Benchè io consideri Facebook "un cazzeggiare", devo riconoscergli il merito di aver indotto molte persone a misurarsi con la rete, a prendervi dimestichezza: goodvalley è stato il primo blog del paese e u paìse il secondo, gestiti dalla stessa persona, che sarei io, ma nessun altro, a quanto mi risulta, ha creato un altro blog, dimostrando di non voler cogliere l'opportunità di comunicazione che offre gratuitamente la rete.
Seguo quasi quotidianamente il giornale, pagina dell'Amministrazione Comunale che si può leggere sul sito www.vallebona.info, come da link che potete trovare sul banner qui a fianco, ma è quasi sempre "vuoto", riporta notizie molto sporadicamente e di interesse relativo.
Insomma, nell'era della comunicazione senza limiti ed in tempo reale, a Vallebona siamo disinformati quanto basta a non conoscere nulla di ciò che accade, ammesso che accada qualcosa...

domenica 28 marzo 2010

La bottega del Cà Do' di Tamara

Tamara, Franziska, Aldo e Matteo

Oggi pomeriggio, tra l'andarivieni degli elettori, in Piazza Marconi è stato inaugurato il negozio di articoli da regalo, souvenir, cartoleria e chissà quante altre cose ancora, di Tamara e Matteo.
E' stato bello veder riaprire le porte di quella che un tempo fu la merceria di Celestina e di Yvette e che, nei paesi, come tanti altri piccoli negozi, fu costretto alla chiusura.
Tamara, così dolce e sorridente, ha osato sfidare una realtà assai incerta: a Vallebona si potrebbe tentare di ridare impulso a piccole realtà commerciali, ma sarebbe opportuno dialogare e confrontarsi al fine di vagliare idee e proposte, cosa che non sembra molto avvertita. Io ci avevo provato col blog, esattamente qui, però la cosa ha avuto ben poca considerazione, per non dire nulla.
Invece è tempo che se ne parli, che si provi a pensare insieme a che cosa si può fare, perchè sicuramente qualcosa si può fare, anche se la mia proposta poteva sembrare ambiziosa: esponendo delle idee prima o poi qualcosa di proficuo può saltare fuori.
Penso che questo compito dovrebbe essere competenza dell'Amministrazione Comunale che sta "guidando" il paese, ma ho la sensazione che ci stiamo trovando su di un "pullman" con il freno a mano ben tirato.
"Brava Tamara, che hai il coraggio di provarci e nel farti tanti auguri cercherò di essere collaborativa, soprattutto con le piccole produzioni dell'Associazione culturale A Cria".


venerdì 19 febbraio 2010

Del consorzio e della mia contraddizione

Il libro
L'Editore Ames, insieme alla Cia

E così, ieri, a Genova, c'è stata l'anteprima della presentazione del libro scritto da Mario Genari e da me sulla storia dell'associazionismo agricolo in provincia di Imperia, cui ho dedicato un post su goodvalley.
Su questo blog, invece intendo esprimere una contraddizione che sto vivendo nel mio contesto di vita sociale nel paese di Vallebona, visto che il libro mette in risalto il valore dell'associazionismo, della cooperazione e di qualsiasi altra forma di aggregazione, tra cui i consorzi.
Premetto che sono "da sempre" una sostenitrice e fautrice di tali forme di vita sociale, perchè ci credo e le reputo vantaggiose: uniti si vince.
Circa 15 anni fa, in seguito a più riunioni tenutesi nella sala consiliare del Comune di Vallebona, alcuni rappresentanti dei consorzi delle strade interpoderali, un folto numeri di utenti e l'amministrazione comunale (più o meno la stessa da allora), convenirono di porre dei limiti ai mezzi di portata transitanti su tali strade: la maggior parte di esse erano state costruite "a braccia" con muri a secco a valle e con manti di cemento assai rigidi e quindi inclini a "spezzarsi" a seconda dei pesi che dovevano reggere.
Pressochè all'unanimità venne stabilito di porre il limite al trasporto di 2 metri cubi di portata, regola che, nel corso degli anni, è stata ben poche volte infranta.
Nel 2006 l'alluvione che colpì il nostro territorio arrecò ingenti danni, tra cui crolli di muri e di un ponte. I lavori durarono ovviamente alcuni mesi, durante i quali le ditte passarono più volte su queste strade con mezzi oltre il limite di portata stabilito.
Il 5 dicembre 2007, per tutto l'arco di una mattinata, fin tanto che un utente fece smettere quei trasporti, i camion della portata di 7 metri cubi carichi di terra bagnata e provenienti dallo scavo di un condominio il cui committente era, in veste privata, il sindaco in carica di allora, viaggiarono su e giù per portare quella terra laddove occorreva colmare un riempimemento in seguito al rifacimento del ponte. Nel settembre dell'anno successivo, stessa storia: camion da 7 metri cubi di portata, ovvero gli stessi e dello stesso committente, trasportarono per alcuni giorni la terra transitando su di un altro tratto di strada interpoderale, per portare il carico ad un privato cittadino.
Questa è la premessa. Nello stesso autunno del 2008 si costituisce regolarmente il Consorzio Tuvu per la gestione delle strade interpoderali che comprende i due tratti succitati e scatta per così dire la "coercizione" a versare una quota sociale e le conseguenti richieste di denaro finalizzate a scopi ben precisi e di indubbia necessità.
Io sono favorevole a qualsiasi forma di aggregazione finalizzata al bene comune, ma ho osato sollevare un'obiezione al presidente del consorzio: ho chiesto che alla persona fisica dell'allora sindaco e in quanto sindaco, fosse fatta versare una somma sia per i danni arrecati, sia per aver contravvenuto una norma rispettata da tutti.
Mi rispose che portare in assemblea tale proposta mi avrebbe comportato derisione da parte della gente, che non avvertiva il problema nella gravità in cui l'avvertivo io.
"Benissimo - ho risposto - passo lo stesso e questa volta sono io a non pagare più, oltre a non aderire come socio al Consorzio".
Ho fatto molto per la strada in questione, la gente lo sa, e sono addolorata per la posizione che ho preso, perchè non è nel mio stile di vita. Ma essere presi sempre e comunque per il culo, a lungo andare, stufa.
Voi, al mio posto, come vi sareste comportati?

venerdì 5 febbraio 2010

Campa cavallo che l'erba cresce!

Il"censimento" per coloro che sono interessati all'ADSL è stato indetto alla fine dell'anno appena concluso. Mi chiedo se era il caso di farlo, visto che nel 2010 ci si muove oramai più con la rete che con le automobili... Comunque sia, vale la pena di spendere due parole sull'argomento, visto che questa Italietta se ne sta andando a ramengo sia a livello nazionale, sia a livello locale. In genere, infatti si è MOLTO mal serviti in quanto a linee veloci e bande più o meno larghe, ma è curioso citare esempi di quanto accade in altri paesi: il confronto è sempre costruttivo. Parliamo un pò di Perinaldo, ad esempio... Due anni fa l'amministrazione di Perinaldo ha realizzato con la società MICSO s.r.l. di Pescara un'infrastruttura composta dal server, collocato in comune, più due antenne che diffondono il segnale, una sul comune stesso e una sul campanile. Ogni utente ha ovviamente una propria antenna puntata in direzione di una delle due antenne che diffondono il segnale. La banda massima dovrebbe essere di 1280 kbps sia in down che upload. Il costo mensile è di 29,00 più IVA oltre 45,00 versati una volta all'anno. Praticamente con quanto prima un utente pagava di fisso per la linea telecom ora si paga la connessione a internet illimitata, mantenendo il proprio numero telefonico e pagando solo le telefonate effettuate con un importo comunque molto basso. Due anni fa, all'atto del contratto, la società ha concesso 20,00 € di traffico telefonico ancora attivo tuttora. Quando hanno realizzato questo tipo di connessione non si parlava ancora di "internet veloce" nei paesi, l'unica connessione veloce era l'ISDN 128 kbps. Attualmente queste linee hanno una velocità che varia dai 700 ai 1010 kbps, mentre a Vallebona chi ha avuto la possibilità (pochi, peraltro) di accedere ad una linea ADSL della Telecom, paga 25 euro al mese e viaggia al massimo a 580 kbps... Cos'altro aggiungere? Ah, sì, ancora una cosa... e cioè che la rete è talvolta l'unico mezzo per "parlare"... forse è per questo che è così poco presa in considerazione.


mercoledì 27 gennaio 2010

Supplica comunale

Rudy

Lettera di sensibilizzazione ai proprietari di animali domestici
18/01/2010

L’amministrazione Comunale ha inviato una lettera a tutti i possessori di animali domestici, ed in particolare ai possessori di cani, al fine di chiedere maggiore collaborazione nel mantenere decorosamente tenuto il Centro Storico facendo leva sulla loro nota sensibilità.

La lettera riporta: “Cari concittadini, scrivo questa lettera per chiedere anche il vostro aiuto a porre rimedio ad una situazione che sta diventando difficile da sostenere e tollerare in quanto degrada l’immagine del nostro paese, crea disagio a tutti gli abitanti e visitatori del centro storico oltre ad un danno economico alle casse comunali. Da tempo si è notata la presenza di alcuni cani che, girando liberamente nelle vie e piazze del nucleo storico e nel centro abitato, ne sporcano in maniera indegna e sistematica le pavimentazioni scatenando numerose e giustificate lamentele da parte della cittadinanza e causano problematiche di igiene e salute pubblica. Nell’ottica di voler salvaguardare la pacifica convivenza nell’abitato urbano, con la presente, si invitano tutti i proprietari di cani ad osservare scrupolosamente le buone norme di senso civico ed il dettato dell’ordinanza sindacale n° 6 del 2003 mantenendo i propri animali domestici, in particolare i cani, al guinzaglio e provvedendo alla pronta rimozione delle deiezioni su suolo pubblico. Quanto sopra al fine di salvaguardare i normali principi di buona educazione e rispetto tra cittadini oltre a contribuire a mantenere pacifici rapporti di convivenza nell’abitato. Si ricorda che il mancato rispetto dell’ordinanza sindacale n° 6/2003, qui allegata in copia, è passibile della sanzione pecuniaria prevista dalla stessa. Si ricorda inoltre che la presenza di cani trovati a vagare liberamente su vie e piazze sarà prontamente segnalata all’Asl competente ed al canile comprensoriale che ne effettuerà il prelievo. Copia della presente viene inviata al personale dipendente comunale con il compito di vigilanza. Certi che vorrete comprendere le ragioni di pubblico interesse che hanno spinto l’Amministrazione Comunale ad assumere questo provvedimento si porgono sinceri e cordiali saluti. Il Sindaco Roberta Guglielmi”

Avendo anch'io ho ricevuto la lettera, mi sono permessa di rispondere così:

Spett. Comune di Vallebona,
ricevo una lettera cartacea che mi sollecita una collaborazione al problema delle defecazioni dei cani, in particolare nel centro storico.
Per l'ennesima volta, sono a ricordare che nessuno ha dato impulso alla soluzione del problema più della sottoscritta che, nel 1998, regalò 10.000 guanti di nylon da distribuire ai possessori di cani, quale incentivo all'educazione civica rivelatasi nel tempo assai lacunosa e sostenedo una spesa personale di L. 220.000.
Si possono fare multe, si possono appendere pappardelle di leggi, ma se molto più semplicemente si desse una mano a coinvolgere il cittadino invece che troneggiare dall'alto, sarebbe senza dubbio più proficuo.
Per quanto mi riguarda, il mio cane non frequenta il centro storico ed è solito espletare i suoi bisogni nelle campagne che circondano l'abitazione.
Sull'argomento, quindi, chiedo di non essere più presa in giro e di evitare comunicazioni-boomerang, oltre che spreco di tempo, di carta e di spese postali.
M. Pia Viale

domenica 24 gennaio 2010

Una cittadina tedesca si lamenta della scarsa pulizia del paese

U carugiu longu - Via Giuseppe Guglielmi

"Sono una cittadina tedesca e ho affittato un appartamento nel borgo di Vallebona con l'intenzione di comprare e trasferirmi definitivamente.
Nulla da dire per il clima e l'accoglienza dei cittadini di Vallebona, ma per quanto riguarda la pulizia delle strade devo dire che è un vero scandalo. Da giorni i cestini sono coperti per non far buttare le carte, le strade non vengono spazzate e che dire piene di escrementi di cane per l'inciviltà dei padroni e anche perchè nessuno le pulisce.
Penso proprio che andrò in un altro comune della riviera, grazie sindaco di avermi fatto vedere il lato negativo di questo splendido paese."

Una cittadina tedesca
22/10/2010

Vi chiederete perchè metto in cattiva luce il mio paesello... Un motivo c'è.
Nel lontano 1998 ho acquistato e regalato al comune di Vallebona 10.000 guanti, tipo quelli che si usano nei supermercati per approvvigionarsi di frutta e verdura, da distribuire ai possessori di cani per la raccolta dei loro escrementi. Ma non basta: avevo allegato una lettera accompagnatoria in cui specificavo che non sarebbe bastato mettere degli avvisi affinchè tali possessori andassero a prelevare i guanti in comune e suggerivo di consegnare direttamente a domicilio i guanti, visto che non era poi così difficile individuare coloro che possiedono un cane nel centro storico. Ne sarebbe conseguito che l'attitudine indotta avrebbe favorito l'abitudine al comportamento e la possibilità di multare senza remissione chi avesse trasgredito. Invece furono blandamente affissi due avvisi ai quali, penso, nessuno abbia risposto e il paese, a distanza di dodici anni, si ritrova come descrive la cittadina tedesca.
Avevo speso L. 220.000, ma avrei permesso di risparmiare alla colettività ben 10.000 merde!
E pensare che non ho alcun interesse a vendere case...

lunedì 23 novembre 2009

Tempo di olive

Olive varietà Taggiasca

Vallebona, come la maggior parte dei paesi dell'entroterra imperiese, coltivava quasi ed esclusivamente l'ulivo fino all'avvento della floricoltura, ovvero fin verso la metà del secolo scorso. Molti uliveti hanno ceduto il posto ai fiori, ma buona parte degli agricoltori conservano la sana abitudine di produrre ogni anno almeno l'olio cosiddetto "della provvista".
L'amministrazione comunale ha impiantato alberi di ulivo sulle pubbliche piazze, un pò per simboleggiare l'antica cultura, un pò per la bellezza intrinseca dell'albero stesso.
Ci sono sostanzialmente due critiche che si possono muovere a tale iniziativa: la prima è che impiantare un ulivo in Piazza Marconi significa impedire in qualsiasi modo la possibiltà di giocare al Pallone elastico, tradizione ben radicata nel paese e non scevra di momenti di "ritorno"; la seconda osservazione muove nel senso che non basta un simbolo "formale", ma sarebbe molto più esemplare se chi ha optato per questa decisione coltivasse o facesse coltivare un piccolo appezzamento di ulivi.
Il territorio ne sarebbe grato, visto che la maggior parte degli uliveti versano in queste condizioni di abbandono:

(fare clic ed ingrandire)

Il diaframma tra il potere e la vita dei cittadini, le urgenze del territorio, il contatto con la realtà è una forbice che si allarga aumentando sempre più la distanza tra l'uno e gli altri.

mercoledì 16 settembre 2009

Il perchè

Vallebona, Piazza della Libertà
(foto Mauro Ferrari)

Lo strumento del blog è assai interessante per diversi aspetti.
Vivendo in un piccolo paese, si sa, la vita scorre senza grandi scossoni o, come dice Lucio Dalla, "poca vita e sempre quella".
Però è anche vero che nel suo scorrere gli abitanti del posto filtrano il loro modo di esserci, tra malcontenti, apatie, festività, impegni lavorativi e sociali e spesso tutto si dissolve nel nulla.
Talvolta vien da pensare: "un giorno scriverò un libro su questo o quell'argomento", ma poi ci si dimentica delle cose o ne decade la motivazione, per cui il blog può supplire a questa funzione, diventanto un taccuino sul quale annotare notizie, riflessioni o accadimenti vari.
Forse un tempo lo si sarebbe potuto chiamare "diario", oggi invece ha assunto questa denominazione, con l'ennesimo inglesismo che si intrufola nella nostra bella lingua.
E allora "U Paise" altro non vuol essere che un contenitore di cronache locali, da condividere con altre persone, visto che il web offre questa opportunità...
Lasciare una traccia di vita locale dietro di sè ha sempre avuto una rilevante importanza: questo è cio che si ripromette questa pagina, confidando nella collaborazione di più persone possibili, siano essi Valebunenchi o non.
Auguriamoci "buon viaggio".

domenica 12 luglio 2009

Vichi e Iolanda

Remo Vichi (1925) e Iolanda Guglielmi (1922)
Sembra un segno del destino...
Stamane, appena uscita di casa, stavano salendo questi due splendidi personaggi: il dottor Vichi e sua cugina Iolanda. In Liguria, si sa, le strade sono impervie e, ad una certa età, le salite diventano davvero un problema.

Iolanda viene ogni tanto da Antibes, dove abita, a trovare i suoi cugini a Vallebona: per raggiungere Esio (1923), la salita è proprio inclemente.
Vichi, toscano e per giunta senese, è stato per oltre quarant'anni il medico condotto del paese: ho sempre pensato che fossimo dei privilegiati a disporre di una simile figura, così umana, così presente, di grande fiducia, competenza e familiarità.

U meigu (il dottore) mi è parso subito divertito del fatto che li fotografassi, ma l'espressione di Iolanda non denota la stessa approvazione... Tuttavia ormai li avevo in pugno ed ho continuato "senza pietà"!

Le persone che dal nostro umile villaggio sono emigrate tantissimi anni fa in Francia, hanno sempre stupito, ogni qualvolta tornavano, per gli usi e costumi che acquisivano stando oltre confine: vestiti, collane, monili di ogni genere creavano delle vistose differenze con le loro connazionali. Anche oggi, ad esempio, un fiore fresco nei capelli dà quel tocco di eleganza al punto che i "becchi d'oca" possono rimanere in bella vista senza degradare l'eleganza!

Vichi è proprio divertito: è sempre stato così, benevolo con tutti, fossero vecchi, bambini, animali... la Sua disposizione verso l'umanità è un qualcosa di cui bisognerà sempre tenere conto, perchè un vero e proprio insegnamento.

In fondo sono solo 200 metri di salita, ma a quell'età è innegabilmente dura. Ma pian pianino, perseverando, e con un accompagnatore così, anche Iolanda riuscirà per l'ennesima volta ad arrivare dall'altro cugino, anzi dagli altri, ovvero Aldo (1922) e Esio (1923), che sono pure fratelli.
Iolanda abita a 100 km di distanza, ma ogni tanto arriva, viene a trovare i suoi cugini, si sposta con treni e corriere, da sola, ma non desiste: leggo in tutto ciò una forza di volontà esemplare, un aver mantenuto il senso della parentela e del bisogno umano incredibili.