lunedì 23 novembre 2009

Tempo di olive

Olive varietà Taggiasca

Vallebona, come la maggior parte dei paesi dell'entroterra imperiese, coltivava quasi ed esclusivamente l'ulivo fino all'avvento della floricoltura, ovvero fin verso la metà del secolo scorso. Molti uliveti hanno ceduto il posto ai fiori, ma buona parte degli agricoltori conservano la sana abitudine di produrre ogni anno almeno l'olio cosiddetto "della provvista".
L'amministrazione comunale ha impiantato alberi di ulivo sulle pubbliche piazze, un pò per simboleggiare l'antica cultura, un pò per la bellezza intrinseca dell'albero stesso.
Ci sono sostanzialmente due critiche che si possono muovere a tale iniziativa: la prima è che impiantare un ulivo in Piazza Marconi significa impedire in qualsiasi modo la possibiltà di giocare al Pallone elastico, tradizione ben radicata nel paese e non scevra di momenti di "ritorno"; la seconda osservazione muove nel senso che non basta un simbolo "formale", ma sarebbe molto più esemplare se chi ha optato per questa decisione coltivasse o facesse coltivare un piccolo appezzamento di ulivi.
Il territorio ne sarebbe grato, visto che la maggior parte degli uliveti versano in queste condizioni di abbandono:

(fare clic ed ingrandire)

Il diaframma tra il potere e la vita dei cittadini, le urgenze del territorio, il contatto con la realtà è una forbice che si allarga aumentando sempre più la distanza tra l'uno e gli altri.

2 commenti:

Anonimo ha detto...

Esiste anche la legge regionale sulle terre incolte ...

LEGGE REGIONALE N. 18 DEL 11-04-1996
REGIONE LIGURIA
Norme di attuazione della Legge 4 Agosto 1978
n. 440: " Norme per l' utilizzazione delle
terre incolte, abbandonate o insufficientemente
coltivate


Basta fare domanda. Ci vuole un pò di tempo ma si obbliga il proprietario a coltivare il fondo, oppure a cederlo a chi ne abbia l'interesse.

Agron ha detto...

Sì, esattamente ...

Certo ci vuole del tempo, ma chi è interessato a ripristinare ed utilizzare le campagne incolte, ha diversi strumenti per farlo o comunque per farlo fare.
poi è chiaro che magari ci si attizzano le inimicizie dei confinanti o di coloro a cui si intende "momentaneamente" espropriare il terreno incolto.

Tuttavia per coloro che non intendono lavorare la campagna lasciando tutto a gerbido e roveti, meglio un comodato d'uso gratuito e la campagna pulita, piuttosto che l'incolto, che tra l'altro favorisce potenzialmente la diffusione di parassiti aumentando il rischio incendi ( anche se questi ultimi sono al 95% dolosi ).

E allora, perchè le cooperative o gli agricoltori associati non fanno un censimento delle campagne incolte e fanno una domanda collettiva ? Magari a nome di una cooperativa.

La verità è che l'insufficiente ricambio generazionale e che la bassa redditività delle campagne incolte, riduce moltoi molto l'appetibilità a ripristinarle.

Comunque un progetto di "distretto agricolo" che veramente funzioni, sarebbe l'ideale, ma in tal senso sia la frammentazione della produzione e la bassa coesione, unita ad una scarsa voglia d'impresa ed innovazione, fanno il resto.