Ti te credevi, o veggia mascarzona,
che e tò bellezze te durassi in eterno?
A spero un giorno de vediti ancora
in sce muraie a passeggià d'inverno.
Ti te credevi d'aveme affettuao,
che 'ru me côe ti t'eri feita padrona?
Per quello tempo che t'ho praticâo
a t'ho sempre truvao birba e mascarzona.
Ti te credevi de fâme come a legna,
che dallo fuoco si lascia bruciare? -
E de parlà con mi non ne sei degna,
l'amû lo voglio fà con chi mi pare.
Ti te credevi d'assediame d'êgua
che l'êgua du mâ n'arreze un gran vascello,
E ti te credevi coe tô farsitê
un grosso leon fâo diventâ un agnello.
Bartolomeo Acquarone
(1815 – 1896) – Dialetto di Porto Maurizio
Testo ricevuto da Alessandro Guasoni di Genova con questa descrizione: “Nel
1995, un conoscente mi lasciava in eredità un manoscritto attribuito a Bartolomeo
Acquarone (Porto Maurizio 1815-Siena 1896) noto giurista ed uomo politico
risorgimentale; si trattava di una silloge di canti popolari portorini e
nizzardi raccolti dallo stesso attorno al 1840 e mai pubblicati nella loro
interezza. C’è una grande influenza del
genovese sulla cultura dei paesi rivieraschi e questi materiali, che passano
per "popolari", sono in realtà, il più delle volte, residui di una
cultura alta, certe volte addirittura iniziatica”.
TI CREDEVI
Credevi, o vecchia mascalzona,
che le tue bellezze ti durassero in eterno?
Spero un giorno di vederti ancora
passeggiare d'inverno sulle mura*.
Credevi d'avermi stregato,
e d'esserti resa padrona del mio cuore?
Per quel tempo in cui ti ho frequentata
ti ho sempre trovata birba e mascalzona.
Credevi di farmi come con la legna,
che si lascia bruciare dal fuoco?
Ma di parlare** con me non sei degna,
l'amore lo voglio fare con chi mi pare.
Credevi d'assediarmi con l'acqua,
ma un gran vascello regge l'acqua del mare.
E credevi con le tue falsità
un grosso leone farlo diventare un agnello.
* della città, s'intende: per prostituirsi
** "parlare", in ligure equivale a "amoreggiare,
essere fidanzati"
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