lunedì 17 ottobre 2016

DONNA, SERPENTE DE L'INFERNO CRÙA di Gian Giacomo Cavalli

Paul Cezanne - Tentazioni di Sant'Antonio

Donna, serpente de l'inferno crùa,
uscìa da ro profondo de l'abisso
per métteme à sbaraggio e in compromisso
l'annima in terra per ro Cé nassùa.

Donna, à ro mondo, posso dì, vegnùa,
come Domenedé forsi ha permisso
per tormentame e fame in breve schisso
ro retreto d'unn'annima perdùa.

Zà che re mæ pecchæ me han condannòu
à così agra e dura penitensa
de pregà sempre un marmaro incarnaou,

sbatto in terra à ra fin dra patiensa,
e de tanti sospiri c'ho buttaou
ve demando ra morte in recompensa.



Gian Giacomo Cavalli (1590 – 1658) – Dialetto di Genova
Commento del prof. Fiorenzo Toso: Il sonetto va interpretato alla luce dell'ideologia controriformistica del Cavalli. Egli era convinto che il suo amore peccaminoso lo avrebbe condotto all'inferno (o meglio, si serve di questa immagine, lui che probabilmente era ateo, per rappresentare il suo horror vacui) e quindi vede la donna come strumento della sua perdizione. In realtà attribuisce alla donna un potere fortissimo, che è quello di decidere del suo destino, del quale è in balia. In rapporto poi alla sua visione politica repubblicana, spicca una modernità che la maggior parte dei poeti in italiano dell'epoca nemmeno si sognavano.


DONNA SERPENTE DELL'INFERNO CRUDELE

Donna, serpente dell'inferno crudele,
uscita dal profondo dell'abisso,
per sbaragliarmi e compromettere
in terra l'anima nata per il cielo.

Donna, venuta al mondo, posso dire,
con il permesso di Dominedio,
per tormentarmi e mostrarmi in breve
il ritratto d'un anima perduta.

Già che i miei peccati mi hanno condannato
a così aspra e dura penitenza
di pregare sempre un marmo fatto carne,

cado a terra alla fine delle mie forze,
e dei tanti sospiri che ho gettato
vi domando la morte in ricompensa.

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