venerdì 9 settembre 2016

QUANDO DAGGO DELL'OEGGIO di Giuian Rosso



Quando daggo dell' œggiu à questo mondo
veggo da cavo à fondo
che tutto và per caze à somboron
che pà ch'in sto teatro
se fasse ra comedia ogni momento
dre humanne stravaganze e nò muoè atro.



Giuian Rosso – Dialetto di Genova
Questo è l'incipit di uno dei testi più "maledetti" di un autore già di per sé discretamente maledetto: un testo tanto maledetto da essere escluso dalla maggior parte delle decine e decine di manoscritti che contengono l'opera rigorosamente inedita di Giuian Rosso. Si tratta di una satira violentissima nei confronti di un magistrato della Repubblica adombrato sotto la maschera di Frontin Lusco, proconsole romano in Liguria, forse lo stesso giudice che condannò il Rosso alla prigione per debiti, esperienza dalla quale scaturì la tagliente descrizione della Malapaga contenuta nelle Morali. In ogni caso questa sestina è una bella sintesi della poetica concettista del Rosso, in polemica aperta col culteranesimo cavalliano e sullo sfondo come sempre di una baroccheria di evidente impronta ispanica. Per Cavalli, sulla scena del Gran Teatro del Mondo si rappresentano "maravegie", per il Rosso, nient'altro che "umane stravaganze". (Fiorenzo Toso)


QUANDO GETTO LO SGUARDO

Quando getto lo sguardo in questo mondo
vedo dall'inizio alla fine
che tutto è pericolosamente in bilico,
e sembra che in questo teatro
si reciti in continuazione la commedia
delle umane stravaganze, e nessun'altra.

Nessun commento: