sabato 6 agosto 2016

A NOSCIA LENGA di Ovidio Bosio


Candu i figliöi ai nevi, pe seghì l’üsu ,
i nu ghe mustreran u ventemigliusu
e prie di casui, fascie, müragni,
i li bumbuneran cuscì . “Vergögna”
percose i sapiusi, pe trenta sodi,
vendüu i l’an ai autri e ai sou modi,
a nostra lenga e i l’an resa scciava
de in parlà che chi u nu custümava.
Candu i nu parleran ciü u dialetu
e i trateran cun e man cume fà in matu
alura nui saremu urmai luntai
e sulu a vuxe du passau cunsciderai
Ina vuxe che a s’esprimerà in ‘sta lenga
pe eli urmai sparia cume i panda.
Pe eli abitüai a üsà in diu
sciacandu in pumelu ilüminau ,
 pe nui avù sta vuxe scceta e ciaira
pe eli a sarà chela da veciaira.
Numa i  maixei e i baussi i capiran ,
e aighe da scciümaira i la canteran ,
E nivure e i troi i la diran au rebossu
che u la crierà au mà candu u ven grossu.
I sfaradui i la sciüsceran ae pegurete
e ae bazure i la cunfieran e basse-bassete.
A sarà a fin de ‘stu belu parlà
scurdau, tradiu int’a noscia cà ?
Ma u viverà ancù int’u nosciu sanghe
percose u l’è int’u cö da noscia gente.



Ovidio Bosio - Dialetto di Ventimiglia
Premio "Centro cultura dialettale Stevanin Carabalona" a U Giacuré 2016
La perdita della parlata dialettale è il tema con cui l’autore snoda i suoi versi, mettendo in evidenza tutte le differenze tra l’antico modo di esprimersi ed il linguaggio della modernità: una scomparsa di termini, suoni, luoghi e realtà che hanno accompagnato da sempre l’uomo nel territorio in cui ha vissuto e operato. Il dialetto, lingua che andrà persa insieme a tante altre tradizioni in parte già sparite, conserverà tuttavia ancora una presenza nei discendenti di chi attualmente lo parla e soprattutto rimarrà nel loro cuore: una luce di speranza di fronte al buio.


LA NOSTRA LINGUA

Quando i nostri figli ai nipoti, per seguire l’uso non insegneranno più il ventimigliese
le pietre delle case rustiche, delle fascie, dei muretti
li rimbrotteranno così “Vergogna”
perché i sapientoni , per trenta soldi,
hanno venduto agli altri e ai loro modi
la nostra lingua e l’hanno resa schiava
di un parlare che qui non si usava.
Quando non parleranno più il dialetto
e discuteranno con le mani come fa un matto
allora noi saremo ormai lontani
e solo una voce del passato considerati.
Una voce che si esprimerà in questa lingua
per loro ormai sparita come i panda
Per loro abituati a usare un dito
schiacciando un bottone illuminato,
per noi questa voce schietta e chiara
per loro sarà quella della vecchiaia.
Solo i  muri a secco e le pietre capiranno,
le acque del fiume la canteranno
Le nuvole e i tuoni la diranno al rebosso
che le urlerà al mare quando vien grosso.
I colpi di vento la soffieranno alle pecorelle
e alle fate la confideranno le lucciole.
Sarà la fine di questo bel parlare
dimenticato, tradito in questa nostra casa?
Ma vivrà ancora nel nostro sangue
perché è nel cuore della nostra gente.



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