giovedì 14 novembre 2019

VECIE PRIE di Roberto Rovelli

      In mügliu de vecie prie
      méże subacàe, impautàe,
      cunsümàe dau tempu e dai ani;
      avançi d’in maixé derrucàu.
      Testimuniança d’ê génte antighe
      che, acanìe, i l’ava dümau
      sta tèrra sarvàiga e düra.
      Ciache pria a l’à ina störia
      in nome, ina fàcia, ina vita passà
      ch’a se pèrde int’u negiàssu d’u tempu.
      Sti ani, l’arte d’u maixé
      a l’esartava ina sinfunìa de prie;
      in miràcuřu d’aspertixe
      che, insce l’autà d’a fatiga,
      u l’ava creàu impuscibile fàsce
      agantàe ai rivàssi d’ê cole.
      Ma urmai i tempi i son scangiài;
      ancöi bèn pochi i son réstài
      a seghì e peàe d’u passàu
      e, ciancianìn, nu’ ghe serà ciü nisciün
      ch’u sece bòn a fà in maixé.
      Cuscì, ae generaçiùn de l’avegnì
      ghe lasceremu, cume téstaméntu,
      noma sbùire e mügli de vecie prie
      int’ê fàsce gerbe d’ê tèrre a l’abandùn.



Roberto Rovelli – Dialetto di La Mortola

II Classificato al Concorso di Poesia Dialettale “Giannino Orengo” - Edizione 2019, con la seguente motivazione: L'accorato componimento descrive le pietre dei muri a secco della nostra terra. Nonostante la lunga lontananza che separa l'autore dai luoghi natii, egli ha presente lo stato in cui versa questo territorio, così bisognoso di attenzione e cura, ormai venuti meno in buona parte. Le pietre, posate a suo tempo dalla tenacia e dalla necessità dei vecchi, ora piano piano cadono dalle loro posizioni e diventano disordinati mucchi negli incolti. Segno del cambiamento dei tempi e di una modernità che non guarda affatto al passato. 



VECCHIE PIETRE

Un mucchio di vecchie pietre
mezze sotterrate, infangate,
consumate dal tempo e dagli anni;
avanzi di un muroma secco diroccato.
Testimonianza della gente antica
che, ostinata, aveva domato
questa terra selvaggi e ostile.
Ogni pietra ha una storia,
un nome, un volto, una vita passata
che si perde nella foschia del tempo.
Una volta, l'arte del muro a secco
esaltava una sinfonia di pietre;
un miracolo di ingegnosità
che, sull'altare della fatica,
aveva creato impossibili ripiani
aggrappati alle pendici scoscese dei colli.
Ma ormai i tempi sono cambiati;
oggi ben pochi sono rimasti
a seguire le orme del passato
e. a poco a poco, non ci sarà più nessuno
capace di fare un muro a secco.
Così, alle future generazioni
lasceremo, come testamento,
soltanto frane e mucchi di vecchie pietre
nei ripiani incolti delle campagne abbandonate.

1 commento:

sergio ha detto...

Ed ai posteri,Rovelli avrà lasciato anche una testimonianza scritta che spronerà qualcuno a domandarsi:cosa erano i muretti a secco? perché?chi la faceva ? come?.questo è un ottimo motivo per apprezzare questi versi!
S G