lunedì 5 novembre 2018

CANDEIE di C. Kavafis tradotta da Fiorenzo Toso


Ne sta de fronte i giorni, da doman
comme tante candeie da-a fia açeise,
indoæ, cade, schillente,

e resta in derê i giorni, da vëi in là:
’na riga mocca de candeie ammòrte;
e ciù vixiñe fan ancon do fumme
freide, strosciæ, desfæte.

No ê veuggio vedde, che me mettan poia:
pensâ l’antiga luxe o m’açimenta,
e ammio candeie açeise.

No me viro, da vedde, int’un resäto,
comm’a ven longa fito a riga in ombra,
comme cresce avviou candeie ammòrte.



Fiorenzo Toso – Dialetto di Arenzano
“Ho provato a rendere in endecasillabi e settenari le “Candele” (1911) del poeta alessandrino, spinto dalla convinzione che nell’opera di Kavafis la forma conti non meno dei contenuti, e che sarebbe pertanto blasfemo, per salvare una sfumatura semantica, rinunciare a un’accettabile simmetria. Il risultato è come sempre una ricreazione più che una traduzione, penso però fedele, se non nella lettera, almeno nello spirito”.


CANDELE  di Costantino Kavafis

Stanno i giorni futuri innanzi a noi
come una fila di candele accese
dorate, calde e vivide.

Restano indietro i giorni del passato,
penosa riga di candele spente:
le più vicine danno fumo ancora,
fredde, disfatte, e storte.

Non le voglio vedere: m’accora il loro aspetto,
la memoria m’accora il loro antico lume.
E guardo avanti le candele accese.

Non mi voglio voltare, ch’io non scorga, in un brivido,
come s’allunga presto la tenebrosa riga,
come crescono presto le mie candele spente.

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