giovedì 28 maggio 2020

A DUZEMILA METRI di Roberto Rovelli


Spèrsu, cume in’àrima in péna,           
fra nìvuře gianche de cutùn,               
int’u blö d’in mundu inariàu,                
m’abàtu au cübàn d’u mei destìn,        
nu’ savéndu a sdràira da piglià.           
Cume l’orbu, int’in röu de lüxe,            
u sporge i brassi int’a spéransa            
d’atruvà u camìn d’u véntu                 
ch’u ghe sbate a sòu bandéira,            
cuscì mi çercu, asciamàu, u fì                     
ch’u me tégne, a bon contu, apésu              
sciü u préfundu negru d’a mei fin.        
Ma u nu’ serve arrampegàsse                     
pe’ ‘ste cole d’ària e lüxe,                   
ilüxùn de vita e morte che,                 
da l’àutu, i cröve u mundu                  
cume u fusse fàu de strasse.                      
A mei vita a l’è in cialümu                   
fin se muntu sciü d’ê stéle;                 
ciü son logni, ciü u l’è pégiu…              
Mai, Bacì u l’à avüu besögnu               
de muntà fin sciü Granmundu                     
pe’ vié se, int’a sòu vita,                     
u l’à truvàu còsa u çercava!                



Roberto Rovelli – Dialetto de La Mortola


A DODICIMILA METRI

Sbigottito, come un’anima in pena,
fra nuvole bianche di cotone,
nel blu di un mondo incerto,
mi sgomento all’oscurità del mio destino,
non sapendo il sentiero da prendere.
Come il cieco, in un cerchio di luce,
sporge le braccia nella speranza
di trovare il cammino del vento
che gli sbatte la sua bandiera,
così io cerco, ansioso, il filo
che mi tiene, frattanto, appeso
sul precipizio nero della mia fine.
Ma non serve arrampicarsi
per queste colline d’aria e luce,
illusioni di vita e morte che,
dall’alto, coprono il mondo
come fosse fatto di stracci.
La mia vita è un garbuglio
anche se salgo su delle stelle;
più sono distante, peggio è...
di salire fin su Granmondo
Mai, Bacì ha avuto bisogno
per vedere se, nella sua vita,
ha trovato cosa cercava!

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