Mùscime o Segnù,
ma pe’ da bòn,
auménu aù,
ch’a sùn toštu in
còn da fàscia,
ch’a l’ho a beżassa
delongu ciǜ céna de regordi
e sènsa ciǜ stissa
ambesiùn,
u bòn tôxe de šti
veggi
ch’i se trae d’in
bucca u sigô(r)u
numma pé špüô
ch’i l’han pèrsu
ascì u piaxé du mugugnu.
Giovanni Natalino
Trincheri – Dialetto di Dolcedo
Premio
speciale della “Compagnia filodrammatica San Michele” di Pigna
con la seguente motivazione: Un'invocazione
al Signore quando si avvicina la fine della vita: l'autore,
rassegnato, chiede il saggio tacere, a scapito anche del
lamentarsi. La vita, spesso deludente nei suoi valori non
rispettati, non necessita più di commento alcuno. La poesia
racchiude una frequente immagine di vecchio che ha visto troppi
cambiamenti nell'arco della sua vita e, soprattutto, la perdita dei
valori a cui era stato educato: inevitabilmente invoca il beneficio
del silenzio.
IL
BUON TACERE DEI VECCHI...
Insegnami
o Signore,
ma
per davvero,
almeno
ora,
che
sono quasi in fondo alla fascia,
che
ho il sacco sempre pieno di ricordi
e
senza neanche più un goccio di ambizione,
il
buon tacere dei vecchi
che
si tolgono il sigaro dall bocca
solo
per sputare
che
han perso anche il piacere di lamentarsi.
Nessun commento:
Posta un commento