Dopu agni, de növu a sbatte
e u(r)ive,
a l’ò sentiu cantō i
trappa(r)elli cume ina vota:
ta ta, ta ra ta ta, ta ta ta
ta ta, ta ra ta ta, tra ta,
tra tra tra ta ta ta … in
cuncertu de trappa(r)elli.
Ami(r)au a me sun avijinau
ai žuveni chi sbateva:
“che mujica ‘sti
trappa(r)elli chi manesai!,
a l’è a mejima chi sunōva i
nosci veggi tanti agni fà”,
“scì, pa(r)esca a chella chi
sunōva ascì i nosci veggi”
… mi ai miu stüpiu e elli riendu: “a semu Albanesi”.
Tumau di Luvi
Tommaso
Lupi – Dialetto di Dolcedo
IL CANTO DEI TRAPPARELLI
Dopo anni, di nuovo ad abbacchiare
le olive,
ho sentito cantare i
trapparelli come una volta:
ta ta, ta ra ta ta, ta ta ta
ta ta, ta ra ta ta, tra ta,
tra tra tra ta ta ta … un
concerto di trapparelli.
Ammirato mi sono avvicinato
ai giovani che abbacchiavano:
“che musica ‘sti trapparelli
che maneggiate!,
è la stessa che suonavano i
nostri vecchi tanti anni fa”,
“si uguale a quella che
suonavano anche i nostri vecchi”,
… io li guardo stupito e
loro ridendo: “siamo Albanesi”.
* Trappa(r)élli = lunghe
aste flessibili per abbacchiare le olive
Poesia/raccontino
multietnico e multirazziale veramente accaduta nelle nostre campagne l’inverno
del 2014. Da piccolo sentivo una vera e propria musica che si levava dalle
nostre campagne, un ritmo sincopato prodotto dagli abbacchiatori di olive con
un uso magistrale e di grande forza dei
“trapparelli”, quelle lunghe aste flessibili con cui i nostri avi (oggi usano
apparecchi elettrici o a motore) percuotevano le fronde degli ulivi per far
cadere i frutti a terra, dove le raccoglitrici manualmente ne riempivano i
canestri, oppure facendoli cadere su dei larghi teli (“le tende”) su cui era
più facile e produttivo raccoglierli e con più pulizia.
Era
musica di percussionisti che andavano a orecchio e stupivano per la maestria e
la forza con cui intrecciavano dialoghi, veri e propri botta e risposta, fra
gruppi diversi di abbacchiatori sparpagliati sulle nostre colline.
Io
li ascoltavo incantato e l’inverno scorso nelle campagne di Montegrazie mi è
parso di udire la stessa musica ma con mia somma sorpresa ho scoperto che
quegli abbacchiatori, assoldati da un frantoiano che aveva affittato mezza
vallata di uliveti, erano Albanesi che avevano imparato l’arte dai loro avi i
quali sull’altra sponda dell’Adriatico praticavano l’abbacchiatura delle olive
contemporaneamente e al pari dei nostri.
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