Quando de scuoeggio in
scuoeggio va Maitinna
accuoeggiando patelle gritte
e zin,
l'egua deven crestallo puro
e fin
e de sarà ven doce ra
marinna.
E l'areghe e l'arenna e
l'herbettinna
deven d'oro smerado e de
rubin
e ri pessi d'arinto
brillarin
e Nettun senza in testa se
gh'inchinna.
E ro sò per no cuoexera
s'asconde,
ma ne fa lumme in cangio ro
sò viso:
ro vento treppa int're sò
trezze bronde.
Ma no treppo zà mi, perchè
m'aviso
che se a se vè si bella
dentr'i onde
ch'a no amme sarvo lé como
Narciso.
Paolo Foglietta (1520-1596) –
Dialetto di Genova
Nobile
d'antico stampo, fustigò i costumi rilassati del suo tempo, attaccando
soprattutto i "cangi", ossia l'usura, il prestito ad interesse, su
cui si basava ormai l'intera economia genovese del tempo, e cercò inutilmente
di richiamare i genovesi alle antiche virtù: nel ciclo di sonetti detto delle
"garie" (galee) incita i concittadini a costruire navi per difendere
la città e i suoi possedimenti e a non farsi dominare dall'ozio.
Foglietta
non fu sempre e soltanto un moralista, ma anche un notevole lirico. Nella
celeberrima Maitinna troviamo una suggestiva descrizione della Riviera, di cui
la donna è una incarnazione, il vero genius
loci.
MAITINA
Quando "Maitina"
va di scoglio in scoglio
raccogliendo telline,
granchi, ricci,
l'acqua diviene cristallo
puro e fine
e il mare da salato diventa
dolce.
E l'alghe e la sabbia e
l'erbettina
divengono d'oro smeraldo e
di rubino
e i pesci d'argento
splendente
e Nettuno a capo scoperto le
si inchina
Ed il sole per non scottarla
si nasconde
ma in cambio il suo viso ci
rischiara
il vento scherza fra le sue
trecce bionde.
Ma non scherzo già io,
perchè m'accorgo
che se vede sè stessa così
bella nelle onde
può amare solo sè stessa,
come Narciso.
Nessun commento:
Posta un commento